La combinazione di platino-derivati + gemcitabina rappresenta da più di 20 anni lo standard di cura nei pazienti con carcinoma uroteliale in fase avanzata. In questi anni nessun regime sperimentale (compresa la combinazione chemioterapia + immunoterapia) ha mai ottenuto risultati migliori rispetto a questo schema, gravato spesso da importanti tossicità ematologiche e nefrologiche, oltre che da un controllo di malattia non sempre ottimale. Lo studio di fase III, multicentrico, randomizzato KEYNOTE-A39 rappresenta una svolta epocale per il trattamento dei pazienti con carcinoma uroteliale avanzato, in quanto ha dimostrato l’efficacia della combinazione enfortumab-vedotin + pembrolizumab (EV-P) sia in termini di progression-free survival (PFS), sia in termini di overall survival (OS) rispetto allo standard of care. Dual primary endpoints: PFS e OS.
L’analisi per sottogruppi mostra una superiorità del trattamento sperimentale in tutti i sottogruppi per entrambi gli endpoints, anche nella popolazione non candidata a cisplatino. Inoltre, l’espressione di PD-L1 non si è dimostrata un fattore predittivo di risposta. Il profilo di tossicità favorisce questa nuova combinazione, in quanto gli eventi avversi di grado 3 o superiore sono stati riscontrati nel 56% dei casi con EV-P e nel 70% dei casi nel braccio standard. Neuropatia, rash cutanei e ipoglicemia sono gli eventi avversi tipici di EV-P. I risultati di questo studio rappresentano un passo in avanti fondamentale per il trattamento dei pazienti con carcinoma uroteliale avanzato, modificando una pratica clinica che non ha visto nessun avanzamento negli ultimi decenni.